L’Uomo in Fuga (The Running Man) è un romanzo di fantascienza scritto da Stephen King sotto lo pseudonimo di Richard Bachman. King utilizzò questo pseudonimo per pubblicare alcuni titoli e staccarsi così dal “marchio” King e non saturare il mercato. Era anche un modo per capire meglio certe dinamiche dell’editoria e delle recensioni, quanto un nome può pesare nel giudizio e soprattutto nelle vendite di un libro.
Un esperimento decisamente folle per un autore folle.
Pubblicato originariamente nel 1982, L’Uomo in Fuga in Italia arriva due anni più tardi su Urania quando ancora il giochino di Bachman non è svelato.
L’Uomo in Fuga narra di un futuro distopico non troppo lontano (il 2025) in cui la società è nettamente divisa tra poveri e ricchi. Tutti posseggono una televisione, anzi è obbligatorio averla (almeno senza arrivare all’obbligo di tenerla sempre accesa come nel regime di 1984).
Il protagonista è Ben Richards, ventottenne operaio impossibilitato dal trovare lavoro essendo inserito in una blacklist. Ben ha un disperato bisogno di soldi per sua figlia piccola malata. Vivono con qualche soldo guadagnato da sua moglie con la prostituzione. È talmente disperato da decidere di partecipare ai giochi della Federazione, trasmissioni televisive in cui i partecipanti si donano completamente in cambio di denaro. Il più pericoloso di questi è L’Uomo in Fuga, il gioco che nessuno è mai riuscito a vincere.
Richards, visto come un soggetto pericoloso durante i test, è selezionato proprio per L’Uomo in Fuga. Ben, dichiarato nemico pubblico, deve sopravvivere un mese. Per ogni ora di fuga i partecipanti guadagnano 100 dollari, 500 per ogni poliziotto ucciso, un miliardo se riescono ad arrivare alla fine. Ma nessuno ci è mai arrivato.
I cittadini sono parte attiva del gioco e hanno delle ricompense se segnalano qualcosa alla Federazione. Insomma tutto il gioco è studiato per farti perdere, ci sono altri dettagli su come funziona ma preferisco glissare e lasciarveli scoprire. Nel 1987 ne hanno anche tratto un film con Arnold Schwarzenegger chiamato in Italia L’Implacabile.
La prendo un po’ larga. Quando una decina di anni fa uscì Hunger Games al cinema, insomma quando nemmeno si sapeva che fosse ispirato ad un romanzo, i paragoni con Battle Royale di Koushun Takami si sprecarono. Anche se paragoni non è il termine adatto, venne definito un vero e proprio plagio. Nei fatti i due titoli hanno in comune il solo regolamento da battle royale, che non è esclusiva di Battle Royale romanzo. Qualcuno sostiene che Suzanne Collins ha ammesso di essersi ispirata al romanzo di Takami ma che io sappia in realtà all’epoca non ne era proprio a conoscenza.
Il filone dei giochi mortali è sempre esistito, facciamocene una ragione. L’ho già detto in un altra rece su qualche titolo del genere ma la cosa risale ai tempi dei gladiatori, guerrieri che mettevano a rischio la loro vita per intrattenere il popolo, al vincitore la gloria e la promessa della libertà. Fino ad arrivare al recente Squid Game, e chiaramente L’Uomo in Fuga rientra proprio in questo genere.
Lasciando da parte realtà e serie tv asiatiche, ora che ho avuto modo di leggere The Running Man non ho potuto fare a meno di pensare che Hunger Games in realtà ha molto più in comune con il romanzo di King che non con Battle Royale.
Battle Royale per ammissione dello stesso Takami non ha nessun intento politico. Anzi a ben pensarci è una critica nei confronti di un sistema scolastico estremamente competitivo come quello giapponese. Chi ci ha visto altro deve fare i conti conti con il fatto che probabilmente non era intenzionale. Al contrario Hunger Games mette in scena un futuro distopico devastato dalle guerre e guidato da un governo totalitario che per tenere a bada i vari distretti, dove la gente vive in condizioni estremamente povere, ogni anno indice dei giochi mortali trattati come un reality show.
Mi sembra chiaro che se proprio vogliamo trovare delle similitudini e delle ispirazioni King è la nostra figura di riferimento.
I giochi della Federazione e gli Hunger Games sono essenzialmente la stessa cosa. Un reality show creato ad arte per tenere a bada il popolo, una distrazione dai reali problemi, una minima speranza di avere una vita migliore. E ovviamente un enorme rischio da parte dei concorrenti, un tutto o niente. Inevitabilmente le due storie si sviluppano in modo differente e non c’entrano niente l’una con l’altra, come dopotutto non c’entrano niente con Battle Royale.
L’Uomo in Fuga conta meno di 250 pagine, scandite da un centinaio di capitoli proposti a ritroso come un conto alla rovescia. Così da mettere in chiaro il mood del romanzo e aumentare la tensione, come una sorta di timer in un escalation di eventi che conducono il lettore alla deflagrazione finale. Un po’ come poi farà lo stesso Takami con il numero degli studenti rimasti in vita alla fine di ogni capitolo.
La narrazione è piuttosto semplice ma non per questo poco coinvolgente, tra i romanzi di King che ho avuto modo di leggere, e non sono poi tantissimi, è tra i più corti, a differenza di altri titoli non si sofferma troppo su dettagli che spesso sono anche superflui, la trama non ha un grandissimo intreccio ma è diretta, trasmette bene il disagio e soprattutto la rabbia di Ben nei confronti di un sistema che ti guarda dall’alto verso il basso, che ti costringe ad essere ciò che sei senza alcuna possibilità di riscatto, perché chiaramente i giochi sono solo una vana speranza a cui le persone ricorrono per pura disperazione, non costretti a partecipare dal governo ma dalle condizioni in cui vivono, in questo mi ha ricordato un po’ Squid Game, ma sarebbe meglio dire il contrario.
Per chi ha visto L’Implacabile si può benissimo dimenticare la fisicità e i muscoli di Schwarzy, il film c’entra poco e niente con il romanzo ed è stato più adattato all’attore, diciamo anche reso più banale nel suo messaggio, il Ben Richards del romanzo è un uomo disperato (non si era ancora capito?) ma anche intelligente, con un caratteraccio sicuramente, e di conseguenza è anche una persona scomoda, un po’ come Katniss Everdeen.
Non ne è uscita una vera e propria recensione, mi sembra quasi una tesi sul come e il perché sia un antenato a cui devono molto i vari Hunger Games e compagnia, ma va bene così. Non ho la presunzione di dirvi che King è il padre del genere survival o giochi mortali, ma mi pare evidente come in qualche modo il suo Running Man abbia influenzato le opere a venire del genere.
Libro consigliato anche se per certi versi forse parliamo di un opera minore del periodo di massimo splendore di King.
[nota: versione riveduta e corretta di un articolo pubblicato in precedenza nell’Aprile del 2022 su Omniverso]
L’UOMO IN FUGA
- Edizione italiana: Sperling & Kupfer, Pickwick
- Edizione originale: The Running Man, Signet Books, 1982
- Autore: Stephen King
- Formato: brossurato
- Prezzo: Euro 10,90
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Ho apprezzato molto il paragone che hai fatto con Battle Royale e Hunger Games, arrivando anche a specificare alcuni particolari che direi fondamentali (diciamo che è diventata quasi una moda dire che Hunger Games abbia copiato). Questo è uno di quei libri di King che non ho letto, ma in compenso ho visto il film. Adesso però vorrei davvero leggere il libro. Grazie per il consiglio!
Grazie a te per il commento, sono molto soddisfatto di questo pezzo, mi piacerebbe scrivere tutti i post così, mi è venuto di getto pur senza una direzione ben precisa. E si, è assolutamente una moda, da parte di chi in realtà ha visto o letto superficialmente sia Battle Royale che Hunger Games, e ci tengo a sottolineare che non sono un fan di Katniss e compagnia, ad oggi ho visto solo i film e solo il primo mi è piaciuto davvero e nemmeno per intero, però è una lettura che vorrei approfondire, ho visto che in libreria c’è una bella edizione cartonata che raccoglie l’intera trilogia e non costa molto. Considera che L’Implacabile è mooolto diverso rispetto al romanzo ma lo avrai capito leggendomi.
Sarebbe interessante leggere una recensione sia sulle opere di Hunger Games che di Battla Royale. In questo modo si può far comprendere al pubblico le sostanziali differenze. Io lessi solo il primo libro di HG. Lo considero un bel romanzo, ma non mi ha fatto impazzire. Adoravo la tematica e come veniva affrontata.
Di Battle Royale ne parlai l’anno scorso 😉
Ottimo allora. Dovrei recuperare l’articolo.
Eccolo qua https://syfyomniverse.wordpress.com/2020/02/02/battle-royale-recensione/
Onestamente non mi sento soddisfattissimo da sto articolo, lo riscriverei, sicuramente quando cito Hunger Games non lo faccio per parlare di plagio 😛
Grazie mille! Lo leggerò subito!
Con calma, tanto non scappa 😉
Il mio Richard Bachman preferito, in un mondo ideale, l’adattamento lo avrebbero affidato a John Carpenter, ma per ora mi tengo “L’implacabile” anche se travisa molto del libro 😉 Cheers
Tiene giusto l’idea dei giochi, a me personalmente il film è piaciuto poco senza dover fare il paragone film/libro che all’epoca non avevo ancora letto.
avendo letto la trilogia di HG concordo, leggendoti ho riscontrato alcune analogie
BR invece mi manca
A me invece manca HG ma un giorno mi piacerebbe provarlo, anche se i film non mi hanno fatto impazzire.
È carino
Non fondamentale certo
Molto interessante questo tuo articolo e il libro che tratti, che purtroppo non ho letto. Però sia il tema, sia l’autore, sia il fatto che non sia un romanzo così lungo, sono tutte cose che mi portano a pensare seriamente di cercarlo (e magari di scriverne per il prossimo compleanno di King…). Tanti auguri al Re per i suoi 75 anni!
Il film lo hai visto?
Mi manca ma ce l’ho nella lista di film da vedere da tempo. Però mi pare di capire che sia molto superiore il libro, no?
Per quanto mi riguarda si ma sono estremamente diversi, il film è un cult nella filmografia di Schwarzy ma personalmente non mi è proprio piaciuto ma puoi farti un idea leggendo l’articolo del buon Cassidy 😉
Però gli sarò sempre grato a questo film, il nome di Sub-Zero di Mortal Kombat deriva da qua.
Ah, non conoscevo questo aneddoto! X–D
[…] che recensisce i romanzi Carrie (1974) e L’uomo in fuga […]