Lo scorso 20 Giugno il primo film di Hulk, quello diretto da Ang Lee, ha spento venti candeline. In Italia come consuetudine è arrivato il 9 Agosto dello stesso anno.
É curioso che lo sviluppo di un film su Hulk sia cominciato nel 1990. Lo stesso anno in cui nelle tv americane andava in onda Death of the Incredible Hulk, terzo e ultimo film tv che funge da conclusione alla famosa serie andata in onda a cavallo tra gli anni 70 e 80. I protagonisti di quella serie li ricorderete, erano Bill Bixby e Lou Ferrigno, rispettivamente nei panni di Bruce David Banner e l’incredibile Hulk.
In realtà nonostante la morte del personaggio erano intenzionati a proseguire con altri film tv. Intendevano introdurre altri personaggi Marvel, come Iron Man, tra l’altro in questo terzo film era prevista l’introduzione di She-Hulk ma poi l’idea venne scartata. Ma l’accoglienza tiepida a questo film prima e la morte di Bixby nel 1993 sancirono la conclusione definitiva della serie, ma questa è un altra storia.
Ci vuole oltre un decennio per far sì che il film veda la luce. Periodo in cui si sono susseguiti diversi sceneggiatori e ancor più script che una volta vedevano Hulk alle prese con dei terroristi e la volta dopo con mutanti insettoidi.
Tra i nomi coinvolti inizialmente Michael France (Cliffhanger, Goldeneye, Punisher e Fantastic Four) e poi John Turman (The Crow: Stairway to Heaven, Fantastic Four: Rise of the Silver Surfer). Turman, grande fan dei fumetti di Hulk, realizza almeno una decina di script ma nessuno di questi convince la Universal che intende richiamare France. France non fece in tempo a scrivere nemmeno una riga perché nel 1997 quando venne scelto Joe Johnston come regista preferirono ingaggiare Jonathan Hansleigh. I due avevano già lavorato insieme con ottimi risultati a Jumanji, e quando Johnston rinunciò per dedicarsi alla regia di Cieli d’Ottobre Hansleigh riuscì a convincerli a lasciarlo anche dirigere.
Lo sceneggiatore promosso a regista regista riscrisse la sceneggiatura da capo almeno un paio di volte. Prima da solo e poi coinvolgendo altri sceneggiatori tra cui J.J. Abrams. Il film però venne messo in pausa a causa del budget crescente e dei dubbi nei confronti dello stesso Hansleigh, dopotutto era la sua prima regia. All’ennesima richiesta di riscrittura lo sceneggiatore e regista decise di abbandonare il progetto. (Il debutto da regista di Hansleigh avverrà poi nel 2004 con un altro personaggio Marvel, The Punisher).
Michael France cercò di convincere la Universal a lasciargli nuovamente riscrivere la sceneggiatura. Ma nonostante questa piacesse ai produttori alla fine la fecero riscrivere da Michael Tolkin e David Hayter (X-Men).
Questa versione però non piaceva al regista Ang Lee, salito a bordo del progetto nel 2001 dopo aver fatto conoscere al grande pubblico il cinema wuxia con La Tigre e il Dragone. Lee coinvolse il suo storico collaboratore James Schamus per l’ennesima e definitiva riscrittura che però implementava diversi elementi dalle sceneggiature di Turman e France.
Nel 2002, nel pieno delle riprese Michael France si rivolse alla Writers Guild of America, il sindacato che si occupa di difendere sceneggiatori di cinema e televisione negli USA, per stabilire a chi sarebbe dovuto andare il merito finale della sceneggiatura. Alla fine sia lui che Turman vennero accreditati insieme a Schamus, che però voleva i crediti da solista.
Forse è più interessante la storia dietro al film che non quella del film stesso che finalmente esce nel Giugno del 2003. Siamo ancora ben lontani dall’avvento del Marvel Cinematic Universe.
L’Hulk di Ang Lee è forse il cinecomic che in quanto a personalità più si avvicina allo Spider-Man di Sam Raimi. Ma siamo sinceri, è forse più ambizioso che riuscito. Forse proprio a causa delle troppe persone e riscritture dietro alla sua sceneggiatura.
Molto diverso dagli altri film di supereroi, ha toni molto seri, forse eccessivamente seri. Persino i Batman di Burton e Nolan riescono ad avere tempo per qualche sorriso. Hulk no, in questo film c’è tempo solo per bisbigliare in modo drammatico. Lo stesso Eric Bana ha definito il set ridicolosamente serio e per certi versi morboso.
Scopo primo del film è concentrarsi sul lato psicologico del personaggio esplorando il dualismo tra Bruce e Hulk. Trovo affascinante il modo in cui metaforicamente ci parlano della rabbia repressa del protagonista, di come la vorrebbe liberare e sentirsi in pace. Hulk di fatto esisteva già, doveva solo uscire, Bruce sogna il gigante verde ancora prima dell’incidente, ancora prima di trasformarsi.
Peccato per la messa in scena che per certi versi risulta anche priva di senso. E qui con il famoso senno di poi a sapere di tutte le riscritture dello script il pensiero non può che non andare a quali fossero le loro reali intenzioni. Parte in un modo ma continua in un altro. E infatti nelle intenzioni di France il film si ispirava alle storie di Bill Mantlo degli anni ’80 che introducevano Brian Banner. Nei fumetti il padre abusivo di Bruce uccide la moglie prorpio di fronte al figlio, evento che ha segnato non poco la psicologia del piccolo. Nella versione pensata da France il nostro era ossessionato dall’idea di creare delle cellule rigenerative per dimostrare di non essere come suo padre, continuando però ad essere afflitto da problemi di gestione della rabbia. Cosa che non era esattamente di aiuto.
Mi stai facendo arrabbiare.
Non ti piacerà vedermi arrabbiato.
Nella versione cinematografica voluta da Schamus il padre di Bruce (Nick Nolte), non più Brian ma David, è uno scienziato che lavora per l’esercito a delle ricerche sulla rigenerazione cellulare. Vedendosi vietata la sperimentazione umana dal suo supervisore, il colonnello “Thunderbolt” Ross (Sam Elliott), sperimenta su se stesso mutando il proprio DNA, che eredita anche suo figlio Bruce. David cerca in tutti i modi una cura ma, una volta scoperti i suoi esperimenti vietati, Ross lo taglierà fuori dalla ricerca. Fuori controllo prima sabota il reattore della base, che esplode, e poi cerca di uccidere suo figlio ritenendolo pericoloso ma accidentalmente finisce con l’uccidere la moglie. Brian viene arrestato mentre Bruce a soli quattro anni viene dato in affidamento alla famiglia Krenzler.
Passano gli anni e Bruce, senza alcun ricordo dei suoi primi anni, per uno scherzo del destino finisce a lavorare nello stesso settore del padre. Alle stesse identiche ricerche. E non solo, la sua ex fidanzata, Betty (Jennifer Connely) è la figlia del Generale Ross, che nel frattempo di Bruce aveva perso le tracce.
Il classico incidente in laboratorio che normalmente dovrebbe uccidere il malcapitato di turno finisce con il risvegliare i geni mutati di Bruce che da quel momento nei momenti di rabbia inizia a trasformarsi in un gigante verde fortissimo e praticamente invulnerabile. Bruce si trova così al centro del mirino braccato da una parte dai militari e dall’altra da suo padre, infiltrato nel laboratorio come inserviente e intenzionato a portare a termine i propri esperimenti, e ormai completamente folle.
Questa prima parte nonostante tutto è la parte migliore di tutto il film. Ma tutte queste “casualità” tipiche dei fumetti di un tempo mal si sposano con il contesto serioso e poco fumettoso che permea il film.
E come avrete notato le parole padre e figlio si ripetono spesso in questa mia brevissima sinossi. L’Hulk di Ang Lee oltre che concentrarsi sul lato psicologico del personaggio tra i temi affrontati ci sono anche i rapporti problematici e conflittuali tra genitori e figli. Non solo vediamo Bruce affrontare un padre abusivo (e folle) ma anche Betty deve confrontarsi più volte con il suo, troppo preso dai doveri militari e incapace quasi di provare empatia per la figlia e ciò che le sta intorno.
Nel momento in cui Bruce diventa Hulk, nome che non sentiamo mai per tutta la durata del film, tutto crolla. Eric Bana letteralmente sparisce per lasciare spazio ad un pupazzone in CGI che funziona abbastanza nelle sue prime apparizioni notturne. Probabilmente un omaggio alle prime storie del personaggio dove la trasformazione avveniva di notte, come per il Dottor Jekyll e Mr. Hyde a cui si ispirava, che poi tra le altre cose è chiaramente una delle ispirazioni dello stesso Ang Lee.
Funziona decisamente meno nelle lunghe ed interminabili sequenze diurne. L’inseguimento e la lotta con i militari nel deserto è eccessivamente lunga e appesantisce il tutto, alla luce del sole Hulk mostra tutti i suoi limiti. Siamo ben lontani dal realismo delle versioni successive dove si è fatto un massiccio uso del motion capture, dove ancora gli attori hanno un ruolo nonostante poi spariscano sotto creazioni digitali. Eric Bana invece sparisce letteralmente dal set, la sua interpretazione si limita al solo Bruce Banner.
Ang Lee ce la mette tutta a lasciare la sua impronta stilistica, a realizzare un film che non sia semplicemente un blockbuster. I titoli di testa penso siano tra i più belli mai realizzati per un cinecomic, almeno tra quelli che li usano ancora. Soprattutto grazie alla musica di Danny Elfman che ci regala un altro tema subito riconoscibile ma ahimé decisamente meno iconico e famoso a causa dello scarso successo del film.
D’altra parte la scelta in fase di montaggio di utilizzare un attacco tra una sequenza e l’altra a mo di griglia di fumetto è si particolare, e credo unico in questo genere, ma ritengo anche che sia una cosa piuttosto scontata e banale per un film tratto da un fumetto.
Nonostante i tentativi di elevarsi a qualcosa di più una volta che il gigante di giada fa il suo ingresso in scena scade proprio nel classico blockbuster ma senza alcun divertimento o coinvolgimento.
Leggi anche:
- L’Incredibile Hulk (2008) – Retrospettiva del film
- She-Hulk: Attorney at Law – Recensione serie tv
- Hulk (2003): mi ricordo montagne verdi (di rabbia) – La Bara Volante
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Un controsenso vivente questo film. Da una parte pretendevano di fare qualcosa di super serioso e autoriale (e ce ne sono voluti di anni per arrivare a qualcosa del genere) dall’altra omaggiare i comics con quelle transizioni da fumettone, roba che neanche il Batman con Adam West.
Per carità, tanto di cappello per il coraggio e le intenzioni (Ang lee non è certo l’ultimo arrivato e non sarà certo questo film a definirlo come regista) però direi che l’esperimento è bello che fallito.
Peccato perché i retroscena sul padre, gli abusi, le origini della rabbia ecc sono una componente importante e ricca di possibilità che con l’Hulk attuale difficilmente vedremo.
L’avessero trattato meglio poteva anche guadagnare qualche punto ma tutta la seconda parte e l’ultimo atto in particolare lo uccidono del tutto. Ed è un peccato. Diciamo che Hulk negli anni ha subito tante trasformazioni, per certi versi anche nell’MCU, mai dire mai, dopotutto anche per Spidey c’è stata la svolta drammatica in No Way Home.