Wonder Woman 1984 – Recensione del cinecomic DC

Wonder Woman 1984 – Recensione del cinecomic DC

Quasi non riesco a credere che la regista di Wonder Woman 1984 sia la stessa Patty Jenkins che nel 2017 con tutti i suoi difetti e imposizioni dall’alto portò al cinema il primo film veramente onesto e spontaneo del DC Extended Universe.

E dopo aver visto Justice League secondo Zack Snyder non riesco a credere che quella e questa Wonder Woman possano essere la stessa persona. Con la prima che preferisce far esplodere dei criminali causando inutili danni a cose e immobili, con tanto di civili presenti, e la seconda che cerca di salvare tutto e tutti limitando al minimo i danni. Soprattutto dal momento che questo WW84 lo ha prodotto, tra gli altri, lo stesso Snyder.

Ah, quando si hanno le idee chiare.

Se dovessi sintetizzare direi che Wonder Woman 1984 parte da una buona idea di base ma che non ha un solo elemento che funzioni bene in armonia con gli altri, Gal Gadot compresa.
Per cavalcare l’onda retronostalgica che pervade cinema e televisione negli ultimi anni si è scelto di ambientare la storia negli anni ’80, cosa che non aggiunge niente al film azzarderei, presentandoci una Diana che ora lavora allo Smithsonian Institution mentre in segreto fa la supereroina, talmente in segreto che nessuno saprà mai niente di lei fino al 2016. Probabilmente dopo i suoi interventi sparaflashava i testimoni stile Men In Black. Allo Smithsonian intanto arriva l’impacciata e timida topologa, geologa e qualche altra parola a caso che finisca con ologa, chiamata Barbara Minerva (Kirsten Wiig). Per farla breve senza spoilerare troppo finiscono per avere tra le mani un antico oggetto chiamato Pietra dei Sogni che pare possa esaudire i desideri di chi la possiede, oggetto che interessa all’uomo d’affari Maxwell Lord (Pedro Pascal senza casco), ormai sull’orlo del fallimento.

E così abbiamo il pretesto ideale per giustificare il ritorno di Steve Trevor (Chris Pine), in barba al fatto che stia possedendo il corpo di un altra persona, mettendolo più volte in situazioni di pericolo o illegali, tipo rubare un jet d’esposizione, jet che Steve giustamente è in grado di pilotare, dopotutto che ci sarà di così diverso da un aereo della Prima Guerra Mondiale? Lo stesso jet che Diana renderà invisibile con un potere che non userà mai più, in effetti non è facile capire dove hai parcheggiato, così, tanto per citare in modo imbarazzante il jet invisibile dei fumetti, protagonista di una sequenza inutile in cui i due volano romanticamente attraverso i fuochi d’artificio. Questo ritorno alla vita permette di ribaltare brevemente i ruoli rispetto al primo film, con uno Steve intento a scoprire il mondo moderno del 1984 grazie all’aiuto di Diana dando vita a qualche momento divertente che può strappare qualche sorriso, ma solo per poco, meglio tornare a rubare aerei.

I due villain, si due, perché Barbara Minerva nei fumetti è la criminale chiamata Cheetah, nemico iconico di Wonder Woman, con tutte le buone intenzioni dettate dall’idea di base del film e del messaggio che vuole mandare, sembrano una versione moderna e non tanto aggiornata della Poison Ivy di Uma Thurman e dell’Enigmista di Jim Carrey, ma senza le faccette buffe e l’umorismo slapstick.
Barbara Minerva è il classico personaggio timido, impacciato e un po’ sfigato che tutti sembrano ignorare e dimenticare che una volta ottenuti i poteri si trasforma in una bomba sexy, dando il gancio perfetto per quel femminismo di plastica tanto decantato nel primo film inserendo tutta una serie di commenti stile cat calling, così esasperati da fare il giro e diventare ridicoli, pare che in sto film agli occhi degli uomini esistano solo Diana e Barbara…
Maxwell Lord invece una volta ottenuto ciò che vuole sembra volerne ancora, diventando una sorta di vampiro psichico, con un Pedro Pascal meno espressivo e carismatico di quanto non lo sia con il casco del Mandaloriano addosso.

E mi spiace dirlo, ma anche la Gadot sembra fuoriluogo, la stessa Gadot su cui reggeva praticamente tutto il film precedente, meno convincente, come se stesse facendo il compitino in attesa di un film che non ingrana mai veramente.
Tutto questo in due ore e mezza, solo dieci minuti in più rispetto al primo film ma che sembra eternamente più lungo tanto riesce ad essere noioso e a tratti cringe, per usare un termine moderno, tra le sequenze di volo di Diana e altre scene action esagerate persino per un cinecomics.

Wonder Woman 1984 film poster

WONDER WOMAN 1984

  • Titolo originale: Wonder Woman 1984
  • Regia: Patty Jenkins
  • Sceneggiatura: Patty Jenkins, Geoff Johns, Dave Callaham
  • Genere: supereroi, fantastico
  • Anno: 2021

Classificazione: 2 su 5.

Ciclo DC Extended Universe

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Pubblicato da Alberto P.

Classe 1985. Polemista. Revanscista. Seguace della Chiesa Catodica. Amante del buon fumetto since 1994.

4 Risposte a “Wonder Woman 1984 – Recensione del cinecomic DC”

  1. Non trascurerei il fatto di Wondie che va a letto con Trevor mentre lui sta invadando il tipo sconosciuto: dev’essere il tipo di stupro più strano mai visto (tecnicamente il possessore del corpo originale non ha dato alcun consenso, ma forse è un discorso caldo solo quando si parla di principesse delle fiabe 😛 ).
    Comunque, film guardabile ma confuso di brutto, non è facile nemmeno capire la regola circa il funzionamento della pietra dei sogni, soprattutto in versione umana…

  2. Non so fra questo, Elektra, Catwoman e Jonah Hex dove mi sono annoiata di più… Film con grossi problemi di storytelling oltre ad avere alcuni dei minutaggio più imbarazzanti e inutili di sempre (Steve che deve trovare il vestito, i due piccioncini che volano in mezzo ai fuochi d’artificio, lei che prova le pose di volo che non hanno copyright)… Peccato per la tematica che stupida non era, ma Dio santo mai più un re-watch di sta roba.

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