The Promised Neverland stagione 1 – Recensione

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Ultimamente quando esce un nuovo manga e/o anime dal discreto successo tendo ad essere piuttosto scettico, spesso si rivelano essere dei fuochi di paglia immediatamente sostituiti dalla hit del momento successiva in un loop semi infinito. Motivo per cui per tanto tempo ho snobbato The Promised Neverland, manga scritto da Kaiu Shirai e disegnato da Posuka Demizu edito in patria sulle pagine di Weekly Shonen Jump ed in Italia da J-Pop, l’ho snobbato al punto da non sapere davvero nulla di questa serie. Succede poi che una sera decidiamo di provare a guardare la prima stagione dell’anime disponibile su Netflix e ce le divoriamo letteralmente in un solo weekend, certo sono solo 12 episodi ma non siamo esattamente tipi da binge watching.

Il verdetto? The Promised Neverland non è una bella serie, è bellissima! E non esagero nel dire sia stata una delle migliori serie viste ultimamente in assoluto, live action o anime che fossero.

La trama in breve? Emma, Rey e Norman sono tre bambini di quasi dodici anni intelligentissimi che vivono in un orfanotrofio assieme a molti altri orfani, molti più piccoli di loro. Nell’orfanotrofio vivono spensierati, lo studio e l’attività fisica sono molto importanti e loro sono felicissimi sotto le cure di Isabella, che loro chiamano amorevolmente Mamma. Ma i bambini non possono avere contatto con l’esterno, infatti oltre il bosco e i grandi prati che circondano la casa ci sono dei recinti e un grande cancello cui loro è stato proibito oltrepassare.
Un giorno, come spesso accade, una bambina viene adottata e parte, ma quando va via i ragazzi si dimenticano di consegnarle un peluche che le volevano regalare e così Emma e Norman cercano di raggiungerli e oltrepassano il cancello scoprendo il corpo senza vita della loro piccola amica, i due si nascondono terrorizzati e da lì a poco vengono raggiunti da due creature mostruose, che loro chiameranno Demoni, che inizieranno a parlare della bambina come fosse cibo. Emma e Norman scoprono così la terribile verità, il loro non è un orfanotrofio ma un allevamento. Terrorizzati tornano a casa e rivelano la verità anche a Rey e i tre iniziano a pianificare la fuga.

Leggevo qualche giorno fa che Shonen Jump stia faticando a trovare dei validi sostituti ai big che si sono conclusi ultimamente e non mi stupisce il fatto che The Promised Neverland nonostante sia un ottimo prodotto faccia più fatica ad imporsi rispetto a un Naruto o ad un My Hero Academia. Il target di riferimento è già leggermente più alto, la narrazione stessa punta a vette più alte, diciamo che siamo più dalle parti di un Death Note che degli shonen sopra citati, e infatti per certi versi ricorda molto le avventure di Light ed L,  troviamo molta psicologia e raziocinio nelle decisioni dei personaggi, solo che trovo questi ragionamenti più plausibili di quelli del manga di Oba e Obata nonostante la giovanissima età dei protagonisti (un po’ di sospensione dell’incredulità dobbiamo pur metterla in conto), ma questo è solo un parere mio. L’idea di base non originalissima ma applicata agli umani lo diventa, una sorta di critica agli sfruttamenti degli animali negli allevamenti intensivi, pur senza dover diventare a tutti i costi un manifesto politico sociale.
Insomma questa serie non è esattamente commerciabile quanto le altre, ciò non la rende meno bella, anzi.

The Promised Neverland miscela alla perfezione thriller, psicologia e azione calandoli in un contesto distopico fantascietifico dove per ora la fantascienza ha fatto solo da contorno, ovviamente per forza di cose dalla seconda stagione le carte in tavola cambieranno.

L’anime prodotto da CloverWorks, sussidiaria della Aniplex, è davvero ben realizzato, i tempi, la regia, le musiche, tutto funziona all’unisono per trasmettere al massimo la suspense provata dai bambini, più di una volta siamo rimasti con il fiato sospeso domandandoci cosa sarebbe successo dopo. Fa largo uso del digitale ma a differenza di altri prodotti recenti non è un problema, la CG riesce ad integrarsi perfettamente o quasi al resto dell’animazione donando profondità alle sequenze.

Se cercate una serie d’azione e combattimenti state sbagliando titolo, se invece cercate qualcosa di più riflessivo ma che vi tenga incollati allo schermo è l’ideale per voi.

E ora piangiamo perché la seconda stagione debutterà in Giappone solo a fine 2020…

Pubblicato da Alberto P.

Classe 1985. Polemista. Revanscista. Seguace della Chiesa Catodica. Amante del buon fumetto since 1994.

7 Risposte a “The Promised Neverland stagione 1 – Recensione”

  1. Hanno iniziato a pubblicarlo nel periodo peggiore, per me, così ho dovuto saltarlo come ho saltato altre cose promettenti.

    Riguardo agli editori giapponesi, forse hanno “educato” così tanto i lettori pischelli a volere un certo genere di storie che ora vogliono solo quelle – e non i cloni dei cloni. 😛

    1. Mah, penso che la questione vada oltre l’avere il clone del clone del clone del clone, da parte dell’editore la cosa sarà intesa puramente in termini numerici, di pupazzame venduto, videogames e altro.

      1. Ma prima devi avere un buon fumetto, è la base. I cristalli dell’amicizia da vendere vengono quando hai un buon fumetto e lì c’è il cristallo dell’amicizia disegnato figo (oddio, a volte c’è prima il giochino e poi ci fanno il fumetto, ma di solito va al contrario).
        Il videogioco mi sa che è proprio l’ultima cosa da fare, dopo cartone e gadget, ma magari mi sbaglio.
        Comunque, ritengo che ci sia un limite al riciclaggio delle storie, devi mescolare un po’ le carte e rielaborare tutto per bene, non rifarmi Dragon Ball ogni santa volta, ma i miei gusti potrebbero non fare testo, và 😛

        1. Certo ma il buon fumetto non sempre è vendibile, il pubblico di Death Note e questo sono un po’ diversi dai vari Naruto e compagnia, e i videogiochi per le serie di botte sono soldi, soldi che questa serie non vedrà mai. Idem i giocattolini, mettendo da parte statue e robe da veri otaku un Dragon Ball e un One Piece me lo vendi anche ai più piccoli che ci giocano anche con i loro personaggi, questo no.
          Non è un modo di ragionare giusto ma le cose tendono ad andare così, poi son d’accordissimo sul discorso dei cloni e a me onestamente han rotto pure quelli ben rielaborati

          1. E vabbè, non so tu, ma io non sono sicuramente il target primario per uno shonen standard. Apprezzo certi fumetti di quel genere, ma ormai sono un vecchiaccio XD

          2. Alla veneranda età di 34 anni dire di no 😀 mi rileggo con piacere Dragon Ball, continuo ad amare alla follia i Cavalieri dello Zodiaco e leggo i vari spin off, idem altri, ma difficilmente trovo interesse vero per titoli nuovi, l’ultimo shonen recente che ho letto è stato Beelzebub ma perché lo trovavo molto divertente. Questo invece me lo leggerei più che volentieri proprio perché si presenta in modo diverso e punta a qualcosa di più.

          3. Shonen carini, più o meno altalenanti, ne leggo e rileggo pure io (non dragon ball, mi ha stancato tempo fa. Occasionalmente posso guardare una puntata del cartone, al massimo) ma il livello medio del “genere” non mi piace: storie dalla coerenza ballerina, diluite negli sviluppi, con personaggi spesso di cartongesso e con motivazioni all’azione ridicole.
            Quelli che mi danno più fastidio hanno una buona partenza e poi si sminchiano tra il volume sei e il volume 15, e magari finiscono al 78 XD
            Non ce la posso più fare, beato te che sei giovane e hai ancora la pazienza ^^

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