Men In Black: International – Recensione

Men In Black International locandina film

Dopo tipo nove mesi di ritardo anche noi abbiamo visto Men In Black: International, quarto capitolo del fortunato franchise cominciato ben 23 anni fa e ispirato liberamente al fumetto di Lowell Cunningham che nessuno conosce.Che non si sentisse bisogno di un nuovo MIB penso sia chiaro a tutti, ma dopotutto non si sentiva nemmeno il bisogno del terzo film uscito la bellezza di otto anni fa e a distanza di dieci dal secondo. E poi tolto qualche titolo a dirla tutta questo lo si potrebbe dire benissimo di qualsiasi sequel stand alone. Ma evidentemente la Sony non la pensa allo stesso modo e quindi eccoci qua con un film tutto nuovo, a partire dal cast totalmente rinnovato, ad esclusione di Emma Thompson già vista per l’appunto in MIB 3.

“Eh ma senza Will Smith non è la stessa cosa!”

Principio secondo cui anche MIB 2 e 3 dovevano essere buoni ma che in realtà non lo sono poi tanto. Il tentativo di andare oltre, di mostrare dei nuovi protagonisti è più che apprezzabile, Chris Hemsworth e Tessa Thompson hanno dimostrato di avere un ottima alchimia, anche in situazioni divertenti. Cosa mai potrebbe andare storto? Beh, TUTTO.
Il film inizia con due flashback in cui i vari MIB “sparaflashano” qua e là quasi senza apparente motivo (perché prima spiegano cosa stanno facendo e dopo per lo stesso motivo ti devono cancellare la memoria, contesto ben diverso dall’interrogatorio con la moglie dell’Edgar abito nel primo film) così da farti capire che “hey! è un nuovo film di Men In Black!”, con tanto di scena cringe con il grillo tonante, troppo piccolo per la nuova recluta M. E se il grillo tonante è un arma troppo piccola per l’Agente M, l’Agente M è un grosso problema per il film.
L’Agente M è niente meno che Tessa Thompson, e sia chiaro il problema non è il fatto che uno dei due protagonisti sia una donna, vi ricordate come finiva il primo Men In Black? No? Ve lo dico io, con K (Tommy Lee Jones) che decideva di ritirarsi e J (Will Smith) affiancato dalla nuova recluta L (Linda Fiorentino), che non so perché poi non sia tornata nel sequel, se per volontà dell’attrice o perché la produzione voleva a tutti i costi il ritorno di K, ma per me fu una vera occasione sprecata. Il problema è che Men In Black: International entra a far parte prepotentemente di quella schiera di film (ma mettiamoci anche fumetti e serie tv) che vorrebbero essere girl power ma che poi in fin dei conti non lo sono, essenzialmente perché scritti da chi le donne, forti o meno che siano, non le sa far risaltare per le proprie qualità, perché il girl power mostrato qua diventa talmente ingombrante da annientare tutto il resto. Già partiamo con un personaggio che sa fare praticamente tutto e sa tutto (intelligente, sveglia, atletica), insegue ossessivamente l’obbiettivo di farsi reclutare e di base lo ottiene con poco sforzo, l’amarezza del sacrificio di una “non vita sociale” e le barbine figure all’inizio pellicola in qualche colloquio con varie importanti agenzie americane non pesano molto ad M figurati allo spettatore, non importa nemmeno se si sia fatta il mazzo in addestramento per anche solo potersi candidare all’FBI o alla CIA, ma sopratutto una volta entrata nei MIB non si crea mai un dibattito per quanto superficiale su qualsiasi questione che riguardi l’affinità all’agenzia, un po’ come fu per J o per il tema sul passaggio di testimone all’epoca (che poi sfortunatamente non avvenne), perciò una vera tematica originale o nostalgica che si leghi alla protagonista nel film non c’è dall’inizio alla fine, e non si sa nemmeno se questa scelta sia stata fatta per paura che M dovendo “provare qualcosa” potesse risultare lontanamente sessista nella mente contorta di qualcuno o per semplice incapacità di scrittura, ma credo che far passare poi H (Chris Hemsworth) per un emerito imbecille confermi entrambe le ipotesi. Il personaggio di H è praticamente inutile, descritto come uno dei migliori agenti, se non il migliore, della divisione di Londra, eppure per tutto il film non lo vediamo far altro che collezionare brutte figure e prendere botte (la scena col martellino facciamo finta che non esista, ok?), sembra Milord con Sailor Moon, lui è inutile per risaltare lei, con la differenza che qui non riesce nemmeno ad arrivare al “donzello in pericolo”, è indietro in tutto. E ok, c’è il plot twist che giustifica in parte la sua inettitudine ma è dannatamente esagerato, esagerato e irritante. Irritante come il personaggio di H nel complesso che prova e strizza l’occhio ad essere pure simpatico sulla falsariga di J ma non riesce ad esserlo, come un po’ tutto il film in cui è già tanto se sorridi due volte e non ti addormenti.
Ecco, se c’è qualcosa che i sequel “originali” avevano era almeno un po’ di sano e genuino umorismo, qui manca pure quello, nonostante trame becere e inutili quasi in egual misura alcune battute o scene risultavano azzeccate.
Quindi insomma, MIB: International gira un po’ tutto intorno alla figura di M che non ha un messaggio preciso da dare se non una conferma priva di pathos di aver azzeccato il proprio lavoro (e ci serviva un film per questo?) immersa in una trama riassumibile con “c’è una talpa nei MIB, dobbiamo fermarla”, talpa che non fanno poi molto per nascondere o rendere meno prevedibile, questo film risulta una matriosca del flop, flop nella scrittura, nella dinamica di coppia, nella trama e infine pure al box office.

Forse per rinfrescare e rinnovare il franchise dei MIB avrebbero fatto meglio a trarne una serie tv, oggi dopotutto ne tirano fuori anche sullo yogurt scaduto che avete in frigo perciò l’idea di una commedia fantascientifica si sarebbe prestata bene, ma scritta allo stesso modo di questo film, meglio lo yogurt scaduto, meno dolore allo stomaco in tutti i sensi.

Pubblicato da Alberto P.

Classe 1985. Polemista. Revanscista. Seguace della Chiesa Catodica. Amante del buon fumetto since 1994.

12 Risposte a “Men In Black: International – Recensione”

  1. Questo quarto film non lo voleva nessuno e, praticamente, non è piaciuto a nessuno…

    Concordo sull’occasione mancata del II col mancato ritorno di Linda Fiorentino: lei ha dichiarato che aveva altro da fare, anche se per anni ha girato la voce che Tommy Lee Jones non volesse più lavorare con lei e questa fosse stata la causa della sua assenza nel film.

    1. Doveva per forza tornare Tommy Lee Jones? Soprattutto visti i risultato del secondo capitolo. Poco coraggio all’epoca e nel momento in cui potevano farlo han rovinato tutto con una pessima scrittura.

  2. E’ stato un film che non lascia niente. E questo a mio avviso è veramente una cosa negativa. A volte anche i film brutti ti lasciano qualche cosa, ma questo no, questo era vuoto. E mi dispiace ogni volta vedere anche persone brave che partecipano a queste pellicole che non riescono a dimostrare le loro capacità al massimo.

    1. A volte però i film brutti ti lasciano cose di cui faresti a meno, come l’amarezza di non aver visto ciò che ci meritavamo. Non so cosa dei due possa essere effettivamente peggio, questo ce lo dimenticheremo in un flash.

  3. Non l’ho visto, come ogni altro film recente 😛
    Non ho bei ricordi degli altri – sono allergico a Will Smith, è un attore che mi annoia – quindi devo dire che manco questo mi attira granché.
    Se poi me lo descrivi con la costruzione “lui scarso così lei tosta” mi passa la voglia: ma hanno paura di mettere un uomo e una donna entrambi competenti in qualcosa ed entrambi con qualche difetto da superare?

      1. Pure peggio: mi racconti che un personaggio sia competente e figo, ma alla prova dei fatti, è un babbeo…
        Manco nei temi delle elementari passerebbe una retorica così traballante.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.