Due anni fa IT si rivelò un successone a livello di critica e di incassi, io stesso lo apprezzai notevolmente pur con la consapevolezza che il romanzo originale di Stephen King è inarrivabile.
IT Capitolo Due è finalmente uscito ma Andy Muschietti sarà riuscito a replicare il risultato?
Se per gli incassi è ancora presto, mentre vi sto scrivendo questo il film è uscito nelle sale italiane solo ieri mentre all’estero è uscito solo oggi, posso assicurarvi che il risultato è davvero notevole, sopra ogni aspettativa. Ma li vedo già, lì dietro alla loro tastiera a commentare con le peggio cose i vari link dei social senza nemmeno averli letti “non fa paura!”, “Non è un vero horror!”, “non sa cosa vuol essere!”, “è meglio il film originale!”, “è più fedele quello con Tim Curry!”, su questo sterile confronto con il presunto film originale stendiamo un velo pietoso, 1) perché l’IT originale è e rimarrà sempre il romanzo, 2) perché non si trattava di un film ma di una miniserie tv con tutti i suoi limiti, 3) davvero non riesco a capire come si faccia a sostenere una maggiore fedeltà in quella miniserie tv o semplicemente dire che fosse bella, se non per nostalgismo.
Fatevene una ragione, IT e soprattutto IT Capitolo Due sono fedeli al romanzo originale nei limiti in cui può esserlo un adattamento cinematografico di circa cinque ore di un romanzo di oltre 1200 pagine, forse nemmeno una serie tv sarebbe mai riuscita a raggiungere le vette del romanzo. Per forza di cose alcune parti sono state ridotte, altre modificate, altre rimosse del tutto, non sempre con lo stesso risultato c’è da dirlo, ma nel complesso non ci si può proprio lamentare. La narrazione prende una piega differente rispetto al romanzo e allo svolgimento degli eventi per rendere più semplice la comprensione allo spettatore, l’alternanza continua tra passato e presente del romanzo era quasi improponibile, certo meno affascinante ma più pratica per un film (e per la miniserie tv), sempre che non si voglia avere l’effetto straniante di Memento di Christopher Nolan ma lì aveva anche senso per farci immedesimare nel protagonista. Sul suo non essere un horror in senso stretto mi ero già espresso per il primo film ma rimango lo stesso perplesso da come una fetta di pubblico non si renda conto di cosa vada a vedere, non è il film a non sapere esattamente cosa voglia essere, forse lo sa fin troppo, è il pubblico a non rendersi conto che IT non è semplicemente un horror, con tutto rispetto non lo si può paragonare a Non aprite quella porta o a Nightmare, non è uno slasher dove il Michael Myers o il Freddy Krueger della situazione uccidono tutti lasciando poi la final girl che sconfigge il mostro e tanti saluti (salvo qualche finale ad effetto resi poi inutili dai vari sequel, if you know what I mean), tantomeno un horror che gioca tutto sullo splatter e il gore. Definire IT un horror è semplicemente limitante, è si un horror (seppur si giochi sul semplice jumpscare), un thriller, in parte fantascienza, ma è anche una storia di formazione, di crescita, di amicizia, di sentimenti. Nel bene o nel male il romanzo è un qualcosa che ha influenzato le produzioni a venire.
Una volta compreso questo se ne può riparlare, poi liberi di continuare a non apprezzarlo ma almeno partendo da presupposti giusti.
All’epoca del primo film un paio di scelte narrative mi lasciarono qualche dubbio, mi chiedevo come avrebbero gestito queste cose nel sequel ma fortunatamente entrambe trovano una spiegazione plausibile, purtroppo poi queste cose non vengono sfruttate a dovere, mi riferisco al triangolo Bill-Bev-Ben forse fin troppo abbozzato, e al destino di Henry Bowers, il bulletto del primo film, che indubbiamente meritava un minutaggio maggiore, il suo personaggio è davvero sprecato, mi chiedevo se ci sarebbe stato, ora mi chiedo se era davvero necessario. Altro difetto del film che ahimè si trascinano dal precedente, è il personaggio di Mike Hanlon (Isaiah Mustafa), sempre poco presente e abbozzato, ci si chiede spesso che fine faccia, certo funge da motore agli eventi richiamando tutti i protagonisti a Derry ma è quasi inesistente se non in certi momenti usandolo solo come Deus Ex Machina. Quando sono state rese note le prime reazioni dalla stampa tutti erano concordi nell’elogiare l’interpretazione di Bill Hader per un adulto Richie Tozier, personalmente quando leggo queste cose tendo sempre a prenderle con le pinze ma devo ammettere che avevano ragione, non so quanto sia merito dell’attore ma sicuramente tra tutti è il personaggio meglio scritto, il più sentito e vero, impossibile non commuoversi con lui, da parte mia mi sento anche di elogiare il personaggio di Eddie Kaspbrak interpretato da James Ransome, l’alchimia tra i due personaggi è perfetta, con le dovute misure e differenze mi han ricordato accoppiate tipo quella tra Murtaugh e Riggs in Arma Letale o Burnett e Lowrey in Bad Boys. Gli altri Perdenti nonostante la presenza di ottimi attori quali Jessica Chastain e James McAvoy (di nuovo insieme dopo il disastro X-Men: Dark Phoenix) tendono un po’ ad essere oscurati nonostante poi siano scritti mediamente bene, mentre Bill Skargard si conferma un ottimo Pennywise.
Con buona pace per gli integralisti del romanzo un risultato migliore lo trovo davvero difficile, riproporre fedelmente al cinema il romanzo è pressoché impossibile, ribadisco che forse nemmeno una serie tv ci riuscirebbe, e per quel che mi riguarda IT Capitolo Due mi ha emozionato come poche altre trasposizioni cinematografiche.
Ho visto il film del 1990 al tempo della sua prima uscita e poi ho letto il romanzo. Il confronto con l’adattamento cinematografico è sempre spinoso, se non “improprio” se affrontato con l’”integralismo” che hai citato. La limitazione intrinseca è nella lettura personale del regista e sceneggiatori: non corrisponde certamente a quella personale del singolo lettore del romanzo. L’adattamento di un film in questo senso è sempre distruttivo dell’immaginario personale del lettore. Pertanto, è naturale una certa “insoddisfazione”.
Al contrario se si vede un film e poi si legge il romanzo dal quale è tratto, si ottiene una reazione di senso opposto: il romanzo amplifica l’immaginario personale rispetto a quanto visto sullo schermo.
Ciò premesso, sono un appassionato sia del romanzo sia del primo film. Mi sono avvicinato alla nuova prima parte con curiosità e nessun preconcetto: mi è piaciuto e l’unico appunto è che non ha aggiunto molto all’esperienza cinematografica del 1990. Conserva tutta la tensione e alcuni frangenti sono più “horror”. Preferisco la fotografia del 1990: restituisce l’immagine di una cittadina di provincia più coerente con il mio immaginario (gioca sicuramente la mia età).
Andrò a vedere questa seconda parte con lo stesso spirito di rivedere quel vecchio giocherellone di clown. Una rimpatriata un po’ particolare…
Concordo su tutto, io stesso quando parlai qua sul blog del precedente capitolo nonostante ne parlai bene evidenziai, e cito testualmente, “una strana sensazione di insoddisfazione che ci sarà sempre”, è più forte di me, non posso farne a meno specialmente per un libro che ho amato come IT, ma a differenza dei famosi integralisti mi ritengo fortunato nel comprendere che adattare un romanzo al cinema non significa riprodurlo 1:1, e sui cambiamenti apportati nei film c’è un pezzo in questo capitolo due che parla proprio di questo.
Ciao. Due premesse:
1 – “IT” è il mio romanzo preferito e l’ho letto venti volte in italiano e cinque in inglese. Praticamente, lo so a memoria. Quando ho bisogno di ritrovare dei vecchi amici, lo riprendo in mano e in poche pagine faccio di nuovo parte del Club dei Perdenti.
2 – Non ho ancora visto “it 2”, perché la prima parte mi ha deluso abbastanza.
Ora, ti chiedo: tu l’hai letto il libro e se sì, te lo ricordi? Perché da come ne parli, sembra che tu l’abbia letto, ma temo che sia solo un tuo vanto.
Capisco il tuo punto di vista, che fare la trasposizione è praticamente impossibile, ecc… ecc.. però, nelle 1200 pagine che citi, ci sono così tante scene horror / sull’amicizia / sulla crescita che non vedo proprio perché inventarsene delle altre, come hanno fatto nel primo film.
Del film ho apprezzato molto:
– l’atmosfera della città di Derry: anche se hanno spostato temporalmente gli eventi in avanti di 20 anni circa, l’ambientazione è molto bella.
– la scelta degli attori: alcuni addirittura molto simili a come li immaginavo io leggendo il libro… Beverly persino più bella di come la vedevo.
– il clown: mi piace un sacco la resa di Pennywise
– la prima scena: praticamente identica parola per parola al libro (a parte per ciò che accade a Georgie)
Andrò sicuramente anche a vedere il due, con molte meno aspettative rispetto a quando ho visto il primo film… perché so che praticamente hanno preso solo personaggi, ambientazione e “idee” per fare un film horror abbastanza scadente.
E non è vero che non si può fare una trasposizione fedele di un libro di 1200 pagine: se ce l’ha fatta Peter Jackson con “Il signore degli anelli”, si poteva fare anche per “it”.
Ciao e benvenuto.
Trovo buffo essere accusato di un mio presunto vanto sulla lettura di IT da parte di chi a sua volta mi dice il numero preciso di volte che lo ha letto, onestamente mi pare il bue che da del cornuto all’asino. Detto ciò, confermo che l’ho letto e che è anche il mio romanzo preferito, non ho l’arroganza di affermare di ricordarlo al 100%, parola per parola, ma buona parte si.
Sul resto c’è poco da dire, quanti film hanno ripreso pagina per pagina i romanzi da cui sono stati tratti? Quanti non hanno cambiato di una virgola o non hanno inventato di sana pianta scene totalmente assenti nei libri?
Lo hanno sempre fatto con romanzi molto più brevi (i primi a caso che mi vengono in mente: Fight Club, Jurassic Park e Il Pianeta delle Scimmie, La Torre Nera invece proprio non c’entra niente col romanzo), ci stupiamo di questo? E si, non avrò letto il Signore degli Anelli (e nemmeno me ne frega) ma basta fare una ricerca su google per scoprire come questa o quella cosa siano state modificate se non inventate proprio di sana pianta come dici tu. E grazie al piffero che il Signore degli Anelli nel complesso adatti più fedelmente (?) le oltre mille pagine del romanzo, si sta parlando di tre film da oltre tre ore ciascuno, contro le circa cinque ore di IT, per non parlare del fatto che hanno proprio due strutture narrative di base totalmente differenti e che certe parti erano proprio impossibili da riproporre al cinema.
Oh, finalmente una recensione sensata, che coglie l’essenza del lavoro di Muschietti senza stare a fare le pulci ai difetti. Se si riunissero tutti quelli che “l’avrebbero fatto meglio” e provassero effettivamente a farlo meglio, allora starei zitta, ma visto che così non è ammetto di provare un po’ di pena per loro e per quelli che “la serie anni ’90 era meglio”: vincolati come sono ai loro pregiudizi non sono riusciti a godersi quello che, al netto di tutti i suoi difetti (la CGI in primis) è un solidissimo horror, un bel film e un omaggio sentito alla più bella opera di King 🙂