Monster: The Jeffrey Dahmer Story è una sorta di quarta stagione non ufficiale di American Crime Story, serie antologica creata sempre da Ryan Murphy che in passato si è occupata di raccontarci del processo a O.J. Simpson, l’assassinio di Gianni Versace e infine dell’impeachment che coinvolse Bill Clinton.
Se le prime due stagioni ottennero un ottimo successo da pubblico e critica e furono pluripremiate agli Emmy e ai Golden Globe non si può dire altrettanto della terza stagione, passata praticamente inosservata. Anche se a dirla tutta qui in Italia anche la seconda stagione sull’omicidio Versace ottenne decisamente meno successo e giusto adesso, grazie a Dahmer e Netflix sta ritrovando un po’ di notorietà e meritato successo. Una quarta stagione ufficiale è attualmente in produzione ma Dahmer entra di diritto nel filone delle storie americane di Ryan Murphy.
La serie racconta degli efferati omicidi commessi tra il 1978 e il 1991 da Jeffrey Dahmer, il serial killer conosciuto come il mostro di Milwaukee. E ha ottenuto un enorme successo, tanto che ne hanno parlato praticamente tutti, anche chi di solito titoli del genere non se li fila minimamente, perché boh, evidentemente fa figo parlarne. Anche parlarne indignati e facendo degli stucchevoli e inutili moralismi sull’argomento.
Cosa più che comprensibile da parte di chi è rimasto personalmente toccato dalla vicenda. Il ricordo di una cosa del genere non può essere chiaramente dimenticato e qualsiasi cosa venga fatta può sembrare un insulto alla memoria delle vittime. Decisamente meno da parte di tutti gli altri.
Se ne sono lette davvero tante.
Che glorifica la figura di Dahmer, che non è rispettoso delle vittime, che mette in cattiva luce gli omosessuali.
Partiamo dall’ultimo punto: forse è sfuggito il fatto che Ryan Murphy è omosessuale, che senso avrebbe mettere in cattiva luce la sua categoria? Nessuno, e la serie non lo fa affatto.
Non è rispettoso delle vittime? Assolutamente falso, quasi tutta la vicenda è vista attraverso gli occhi delle vittime.
Glorifica Dahmer? Nemmeno. Anzi molte delle cose che ha fatto in questa serie sono fin edulcorate. Ci sono andati veramente con i piedi di piombo omettendo alcuni dettagli o solo accennandoli, la realtà, come al solito, è molto peggio.
Tutta la vicenda dell’arresto di Dahmer ha quasi dell’inverosimile. Le segnalazioni fatte dalla vicina di casa alla polizia sono state spesso ignorate o trattate con superficialità, per usare un eufemismo. Ed è di questo che parla essenzialmente questa serie tv. Dell’omertà e dell’evidente incapacità e volontà della polizia, della giustizia ma anche delle istituzioni in generale, dalla famiglia alla scuola di fare sul serio il proprio lavoro. Dei pregiudizi di un’epoca non così lontana sulla comunità omosessuale e su minoranze etniche.
Insomma come molte storie talvolta inventate (purtroppo così non è stato) parla di un contesto e di un mondo più complesso della semplice storia personale di un serial killer, quindi se provate empatia per Dahmer ma non ne provate mezza per chiunque abbia sentito un trapano dall’altra parte del muro o sulla propria pelle, beh, forse il problema non è la serie ma va cercato davanti a uno specchio, lo scaricabarile francamente ha un po’ stufato e non vale tirarlo fuori solo quando viene nominato il videogioco preferito al TG.
Chiarita questa cosa, la storia parte proprio dall’arresto di Dahmer per poi fare un salto indietro nel tempo e mostrarci fin dall’infanzia gli impulsi e i molti volti di quest’uomo. Dall’abuso di alcol ai problemi relazionali e famigliari. Per poi da metà serie cominciare a cambiare drasticamente punto di vista. La parte finale infatti è forse la migliore nonostante quell’accenno moralistico proprio prima di chiudere che vuole mettere di mezzo una sorta di giustizia divina, diciamo che il contraltare con Gacy (e tra poco ci arriviamo), altro noto serial killer, valeva già abbastanza per farci capire come alla fine niente ripaga davvero quella violenza attuata ma il concetto che questa serie non deve essere un’esempio andava ribadito e va bene così.
Gli easter egg appunto su Gacy e su Ed Gein due chicche, fanno venir voglia se trattate adeguatamente di altre mille serie così e a quanto pare in questi giorni hanno confermato che sarà proprio così, se la qualità si mantiene come negli spezzoni dedicati e come per questa serie ben venga, non credo che Murphy voglia appunto cascare nella glorificazione di cui tanto accusano queste idee o prodotti (discorso anche lì ben più complesso di quanto si voglia ammettere).
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Ottima analisi, anche io non credo ci sia glorificazione, anche se in rete non si è parlato d’altro, ma si sa che “Infernet” funziona su regole tutte sue. Cheers
Vidi la serie su Versace e non ci trovai nulla di così incredibile, tanto che mi chiesi il perché di tutti quei premi. Questa sta facendo molto scalpore, ma credo che gli darò una possibilità solamente tra un po’, quando tutti avranno finito di parlarne. Se lo faccio è solo grazie alla tua analisi, altrimenti l’avrei saltata direttamente.
Stava facendo, ormai è passata in secondo piano, quasi dimenticata in favore di Mercoledì. Ricordo che anche Cassidy ne parlò piuttosto bene. Versace si può dire tutto ma il protagonista è stato veramente bravo, sul resto possiamo parlarne.
[…] Per recensioni più particolareggiate di questa serie TV, vi segnalo Cassidy, Sam Simon e Omniverso.. […]