E infine, con i nostri tempi (ovvero con il suo arrivo su Disney+), anche noi abbiamo visto il famigerato Ant-Man and the Wasp: Quantumania. E non è stato così orribile come ho letto sull’internerd nei mesi scorsi.
Certo, il fatto che non sia orribile non lo rende automaticamente un bel film ma personalmente ho trovato ben peggiore Wakanda Forever (di cui ancora non abbiamo parlato a queste coordinate).
A sto giro la prima famiglia di supereroi Marvel Studios si trova ad affrontare un viaggio allucinante nel mondo quantico in un avventura che di norma si presterebbe meglio alla prima famiglia di supereroi dei fumetti, i Fantastici 4.
Già il pretesto per buttare gli eroi nell’azione è debole. Dopo alcuni minuti dedicati a mostrarci la vita felice di Scott Lang dopo gli eventi di Endgame la famigliola viene risucchiata nel mondo quantico. Tutta colpa di Cassie, la figlia di Scott, ormai giunta al terzo recasting e di cui la madre non abbiamo traccia.
Nel regno quantico il gruppo viene diviso e finiscono in mezzo a questa battaglia tra i popoli nativi e Kang il Conquistatore (Jonathan Majors).
Forse ho esagerato a parlare di famiglia felice. Nei primi minuti vediamo anche Scott alle prese con alcuni problemi causati da sua figlia, che nel frattempo è diventata un attivista. Insomma ci troviamo di fronte al classico conflitto padre-figlia, però questa volta chi sta sprecando la propria vita sembra essere proprio il padre. Potrebbe anche essere un tema interessante se non fosse praticamente abbandonato una volta arrivati nel mondo quantico. Ah, e Cassie sin dall’inizio ha i poteri. Boom! pronti e via. Attivista, genio e pure con i superpoteri ma senza un briciolo di percorso narrativo. Insomma, il massimo della simpatia. E questa è pure la parte bella del film.
Una volta arrivati nel mondo quantico è evidente che ci troviamo di fronte ad un film diverso dai precedenti. Ma è altrettanto evidente che il cambio di tono e “genere” non sia stata una scelta felice, si strizza l’occhio un po’ ai Fantastici 4 e un po’ ai Guardiani della Galassia. Anche se, al contrario di alcune voci del web, ho apprezzato look e design dei vari indigeni del regno quantico, anzi penso sia uno dei punti di forza di questo film, Però solo con l’estetica non si va da nessuna parte.
Di per sé l’idea non è nemmeno male ma viene farcita con talmente tante cose inutili (tipo la parte con Bill Murray) da non giustificare le due ore e mezza di film. Ma oggi se non fai un film di due ore e mezza non sei nessuno, che poi sia anche bello è secondario.
Arriviamo così a quella tragedia denominata MODOK. Citando il meme che gira da L’Ascesa di Skywalker, “in qualche modo” Darren Cross (il villain del primo film) è sopravvissuto. Ed è divenuto a sua volta fonte di meme.
MODOK è un villain bizzarro nei fumetti, per farla semplice è questo tipo col testone gigante che per muoversi deve usare una specie di sedia corazzata volante. Chiaramente un esempio di personaggio che funziona perfettamente sulla carta ma che dal vivo sarebbe estremamente ridicolo.
Lo sceneggiatore Jeff Loveness avrà pensato che se proprio doveva inserire un villain così ridicolo esteticamente la cosa migliore da fare per renderlo credibile era di spingere sull’acceleratore esasperandone la ridicolaggine. Se no non mi so proprio spiegare tutto ciò che riguarda questo personaggio.
Si son fatte tante ironie sul web sulla resa finale del personaggio con il faccione di Corey Stoll, che sì, è veramente pessimo, ma il problema del personaggio fondamentalmente è la scrittura. Una delle cose più imbarazzanti viste ultimamente e protagonista di alcune gag che arrivano con tempi comici totalmente sbagliati.
Eppure aveva un intera bellissima serie animata da prendere a modello. (credo che la sua cancellazione sia una delle più dolorose dai tempi di Ash vs Evil Dead)
Senza la storyline di MODOK già il film ci guadagnerebbe.
Kang invece è difficile da inquadrare. Non urlo al miracolo per la prova attoriale di Majors, mi limito a pensare che il suo Kang è stato folle e brutale al punto giusto (vedi la parte finale), per quel che è servito.
Ma sono solo ciance. Inutile mentire, l’aver spostato l’azione in un mondo alieno e l’aver privato Ant Man dei suoi comprimari hanno finito per snaturarlo.
Manca tutta quella dimensione da uomo comune quale è Scott Lang e che rendeva speciale il primo film, dall’ex moglie ai suoi partner Luis e Kurt (David Dastalmachian si è ritagliato comunque una parte doppiando l’alieno Veb), che comunque donavano del sano divertimento nel secondo film, cosa totalmente assente qua, se non appunto in quelle poche scene di vita quotidiana che però si vedono solo ad inizio e fine film.
Il risultato è un film pigro, eccessivamente lungo e a tratti prevedibile nel suo svolgimento. Schiavo della continuity costretto a mostrarci a tutti i costi il nuovo main villain, ma se queste sono le premesse il futuro non si prospetta roseo.
Leggi anche:
- Iron Man (2008) – Recensione
- Ant-Man and the Wasp (2018) – Recensione
- Ant-Man and the Wasp: Quantumania – Spiegoni in quantità (La Bara Volante)
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Peccato che sia sciapo (io non l’ho visto, ma non sei il solo da cui ho letto/sentito parole simili) perché cin un’ambientazione tanto aliena, le possibilità di fare qualcosa di speciale e viaionario erano tante